Spesso, soprattutto per le PMI, l’assunzione di un lavoratore
Per questo, il legislatore prevede una serie di rapporti pensati per garantire maggiore flessibilità al lavoro subordinato, creando posti di lavoro e permettendo al datore un’organizzazione agile, cucita su misura per le sue necessità.
Uno di questi contratti, oggetto del presente contributo, è il lavoro intermittente, detto anche lavoro a chiamata.
Il datore di lavoro, attraverso il contratto a chiamata, utilizzerà la prestazione di lavoro subordinato solo all’occorrenza e la pagherà in ragione del solo effettivo utilizzo.
Il datore non dovrà quindi prevedere, già al momento dell’assunzione, un orario full-time o part-time, né la sua distribuzione. La “chiamata” del lavoratore avverrà secondo le esigenze dell’organizzazione, per le giornate e gli orari di volta in volta ritenuti necessari.
In generale, nei periodi in cui la prestazione del lavoratore intermittente non viene utilizzata, non matura alcun trattamento economico o normativo.
Per il lavoro svolto e a parità di mansioni, il lavoratore dovrà ricevere un trattamento non meno favorevole degli altri lavoratori di pari livello, salvi gli eventuali riproporzionamenti.
La flessibilità del lavoro intermittente rende necessari alcuni limiti per regolarne l’utilizzo, evitando di trasformarlo in uno strumento per aggirare la disciplina del lavoro subordinato.
Il D.Lgs. 81/2015, all’art. 13, prevede che il lavoro intermittente possa essere utilizzato solo in uno dei seguenti casi.
La legge, innanzitutto, delega ai contratti collettivi la regolamentazione dell’istituto e dei casi in cui può essere utilizzato, anche con riferimento a periodi predeterminati nell’arco della settimana, del mese o dell’anno.
Il legislatore conferma quindi la tendenza ad affidare alle parti sociali il compito di adattare le norme di legge alle particolarità di ogni settore.
Per compiere quest’opera di adattamento, i contratti collettivi devono essere a loro volta genuini, stipulati dalle organizzazioni maggiormente rappresentative (come precisato in via generale anche dall’Ispettorato Nazionale del Lavoro, con circolare 3/2018).
Quando manchi una regolamentazione del lavoro intermittente nel contratto collettivo applicabile, si potrà fare riferimento ai casi ammessi con decreto del Ministro del Lavoro.
Attualmente, il DM 23/10/2004 rinvia alla risalente tabella allegata al Regio decreto 6 dicembre 1923, n. 2657.
Il contratto di lavoro intermittente può in ogni caso essere concluso con chi abbia
In questo caso cambia lo scopo principale del lavoro a chiamata, che
Normalmente, il lavoratore è libero di rispondere alla chiamata del datore o rifiutarla.
Questa libertà, d’altra parte, potrebbe compromettere i vantaggi concreti del datore a utilizzare il lavoro intermittente, con il rischio di dover affrontare a ogni chiamata le difficoltà organizzative correlate al rifiuto e alla presenza di posti di lavoro scoperti.
Per evitare questo rischio, le parti possono prevedere che il lavoratore sia obbligato a rispondere alla chiamata del datore.
Questa disponibilità ha un prezzo: il pagamento di un’indennità di disponibilità, dovuta dal datore per i periodi in cui il lavoratore resta a sua disposizione senza essere chiamato.
La misura dell’indennità, divisibile in quote orarie, è stabilita dai contratti collettivi e non può essere inferiore a quella attualmente prevista dal D.M. 30/03/2004, pari al 20% della normale retribuzione.
L’indennità
Nel rispetto delle regole previste dalla contrattazione collettiva, le parti dovranno prevedere dettagliatamente
Il lavoratore che garantisca la propria disponibilità deve informare tempestivamente il datore dei casi di malattia o altri eventi che gli rendano impossibile rispondere alla chiamata e della loro durata. Va ricordato che
Il rifiuto ingiustificato di rispondere alla chiamata può comportare
Il datore di lavoro non può servirsi dello stesso lavoratore intermittente per più di 400 giornate nell’arco di tre anni solari.
Si tratta di un triennio mobile: a ogni chiamata, sarà necessario procedere a ritroso di tre anni per assicurarsi che il limite non venga superato.
Un’eventuale violazione provoca la trasformazione del rapporto di lavoro in normale lavoro subordinato a tempo indeterminato.
Il limite non si applica ai settori del turismo, dei pubblici esercizi e dello spettacolo.
Il lavoro intermittente non può essere utilizzato
L’assunzione del lavoratore intermittente, come avviene in generale per i lavoratori subordinati, deve essere comunicata ai servizi competenti entro il giorno precedente all’inizio del rapporto.
In aggiunta, considerata la particolarità del lavoro intermittente, il datore di lavoro deve effettuare una specifica ulteriore comunicazione all’Ispettorato Territoriale del Lavoro prima di ogni prestazione lavorativa (o di ciclo di prestazioni non superiore a trenta giorni). In caso di violazione, è prevista una sanzione amministrativa da € 400,00 a € 2.400,00 in relazione a ogni lavoratore per cui è stata omessa la comunicazione.
La comunicazione dev’essere effettuata utilizzando uno dei seguenti canali, come da istruzioni reperibili anche sul portale cliclavoro
Solo in caso di malfunzionamento del sistema, è possibile inviare il modello UNI-Intermittenti via fax all’Ispettorato Territoriale del Lavoro competente.
Eventuali annullamenti e modifiche possono essere effettuati solo attraverso e-mail, pec o servizi informatici. In mancanza, sussisterà l’obbligo contributivo a prescindere dall’effettuazione o meno della prestazione.