Nelle ultime settimane, il nostro Paese ha vissuto un’emergenza che appare senza precedenti, a causa dell’epidemia COVID-19, c.d. “Coronavirus”.
Come spesso accade, la sovraesposizione mediatica -piuttosto che fare chiarezza- ha causato fraintendimenti e confusione sulla portata delle misure adottate.
La presente pagina ha l’obiettivo di fare chiarezza, senza pretesa di esaustività, sulle principali regole oggi in vigore -almeno fino al 25 marzo- per contenere l’epidemia.
AGGIORNAMENTI:
Si ritiene opportuna una breve panoramica sui testi normativi che costruiscono il sistema di divieti e restrizioni oggi in vigore.
È il provvedimento, con valore di legge, necessario per fondare i successivi divieti.
Prevede, tra l’altro, che con uno o più decreti del Presidente del Consiglio dei Ministri (DPCM) possano essere disposte misure “di contenimento e gestione dell’emergenza, al fine di prevenire la diffusione dell’epidemia da COVID-19“.
Il decreto, il cui testo era stato rivelato prima della pubblicazione in Gazzetta Ufficiale, prevedeva un doppio sistema di contenimento:
Come noto, la diffusione del DPCM 08/03/20 prima del suo vigore ha causato una fuga di massa dai territori “protetti”, vanificando l’obiettivo di contenimento.
Il giorno successivo, è stato quindi emanato un nuovo DPCM, esteso all’intero territorio Nazionale.
Va chiarito che il DPCM 09/03/2020 deve essere letto insieme al DPCM 08/03/2020: viene infatti prevista
Anche a seguito del DPCM 09/03/2020, sono proseguite situazioni di assembramento e contatto sociale non necessario, che i predetti interventi volevano evitare.
Con il DPCM 11/03/2020, sono state quindi previste nuove restrizioni, con l’obiettivo di limitare tutti i servizi non necessari per i cittadini e tali da creare occasioni di trasmissione del virus.
Si tratta di un provvedimento privo di efficacia normativa, con il quale il Ministro dell’Interno si limitava a dare istruzioni agli organi pubblici, tra cui le forze di polizia, per l’applicazione del DPCM 08/03/2020 e i relativi controlli.
La direttiva ha acquisito un’importanza molto superiore alla sua portata giuridica, avendo previsto l’uso delle autocertificazioni, sulle quali si è successivamente concentrata l’attenzione mediatica.
Il DPCM 08/03/2020 prescriveva innanzitutto, per i territori della c.d. “zona rossa”, una regola semplice:
Il divieto è rigido e generale.
Non sono previste
In linea generale, è vietato ogni spostamento, salvo rientri in una specifica ragione di eccezione.
Vengono previste due eccezioni espresse:
La “necessità” permette di far rientrare negli spostamenti permessi qualsiasi esigenza non prevista dalla pubblica autorità, purché necessaria (spesa alimentare, smaltimento dei rifiuti..). Ovviamente, si tratta di un concetto interpretabile.
Quanto al rientro, va evidenziato che
Se l’autorità destinata al controllo nutrisse dubbi sulla necessità dello spostamento, o in generale sulla sua giustificazione, seguirebbe il rischio di dover affrontare un processo per sostenere le proprie ragioni.
Sul sito del Governo, sono state pubblicate delle “domande frequenti” per evitare zone di dubbio. L’opinione di chi scrive è che alcuni chiarimenti forniti possano causare rischi per il cittadino.
I chiarimenti forniti sul sito del Governo, al di fuori dei decreti formali, non hanno lo stesso valore del divieto che dovrebbero interpretare. Non può essere ritenuta certa la loro applicazione, da un Tribunale, per scriminare comportamenti vietati.
In materia penale è prevista una riserva di legge Statale. Un DPCM non ha la stessa forza della legge e non può prevedere divieti sanzionati penalmente.
Tuttavia, l’art. 650 del codice penale prevede una sanzione penale per “chi non osserva un provvedimento legalmente dato dall’Autorità per ragioni di giustizia o di sicurezza pubblica, o d’ordine pubblico o d’igiene“.
Il sistema dei DPCM fa espresso riferimento all’art. 650 c.p., il cui divieto è sanzionato
Il reato rientra tra quelli che possono essere estinti attraverso oblazione, salva la valutazione del giudice.
Va però ricordato che l’art. 650 c.p. si applica solo se il fatto non costituisce un più grave reato: qualora, non rispettando l’ordine, si violassero contemporaneamente altre disposizioni di legge, si applicherebbe la pena più grave.
L’attività sportiva e motoria non è espressamente prevista tra le eccezioni al divieto di spostamento e, salvo casi del tutto particolari, non appare rientrare nei casi di spostamenti permessi per ragioni di salute o per necessità.
Il DPCM del 9 marzo ha però modificato l’art. 1, comma 1, lettera d) del DPCM dell’8 marzo. Tale lettera riguardava la sospensione degli eventi o competizioni sportive e le relative eccezioni, che rimanevano sostanzialmente limitate allo sport professionistico.
Con la modifica del 9 marzo, tra l’altro, è stato aggiunto alla fine della lettera il passaggio “lo sport e le attivita’ motorie svolti all’aperto sono ammessi esclusivamente a condizione che sia possibile consentire il rispetto della distanza interpersonale di un metro.”
Il passaggio desta perplessità e dubbi in relazione alla sua collocazione:
Fermo quanto già ricordato sul fatto che i chiarimenti -anche ufficiali- non avrebbero valore vincolante per una decisione giudiziale, si evidenzia che la possibilità di effettuare attività motoria all’aperto, da parte di chiunque, è stata comunque confermata sia nelle Faq governative che nelle indicazioni delle autorità locali.
Viene previsto il divieto assoluto di mobilità dalla propria abitazione per chi
In questo caso, non si applicano le eccezioni previste per gli spostamenti generali.
Valgono, ovviamente, eventuali scriminanti generali (si pensi a un incendio che divampi nell’abitazione e costringa alla fuga).
Il DPCM 09/03/2020 vieta ogni forma di assembramento di persone in luoghi pubblici o aperti al pubblico.
Anche in questo caso non sono previste eccezioni.
Dopo il DPCM 11/03/2020, viene previsto quanto segue
Eccezioni
Va in ogni caso rispettata la distanza interpersonale di un metro.
Eccezioni
Sospesi, tra l’altro, parrucchieri, barbieri ed estetisti.
Eccezioni
Serve comunque il rispetto delle norme igienico-sanitarie
Si citano tra l’altro
In generale, la violazione è punita ai sensi dell’art. 650 c.p.
È prevista la sanzione della sospensione dell’attività per
Secondo la direttiva del Ministro dell’interno n. 14606 del 08/03/20, la persona che si sposta deve provare la ragione che giustifica il viaggio.
Secondo il Ministro
Preme evidenziare che, contrariamente a quanto viene riportato spesso sugli organi di informazione, non è affatto necessario viaggiare con un’autocertificazione già compilata. La dichiarazione può anche essere resa in sede di controllo, compilando moduli in dotazione a chi lo esegue.
Preme anche precisare che, contrariamente a quanto sembra emergere nella prassi e viene dato per scontato dalle informazioni mediatiche, nel testo della direttiva l’autocertificazione era concepita
Infatti, dal punto di vista giuridico
Vincolare la prova all’autocertificazione ha, dal punto di vista giuridico, un ulteriore effetto perverso.
Dal punto di vista del diritto penale, in via generale, nessuno può essere costretto a confessare un reato o testimoniare contro sé stesso. Pertanto (salve alcune eccezioni sulle quali non si ritiene di soffermarsi in questo contesto) chi commette un reato non può essere punito solo perché mente per non ammetterlo. Il reo
Mentire sulle ragioni per cui ci si è spostati dal proprio domicilio, secondo i principi penalistici, dovrebbe costituire una circostanza trasparente. Qualora i controlli rivelassero la menzogna, dovrebbe applicarsi la pena prevista per il solo reato commesso e “nascosto”, in questo caso l’art. 650 c.p.
“Forzando” la persona a giustificarsi con l’uso di autodichiarazioni ai sensi del D.P.R. 445/2000, la menzogna viene invece autonomamente punita, con reclusione fino a due anni. Una pena paradossalmente maggiore rispetto a quella del reato già commesso, che la persona si troverebbe “costretta” a confessare. Una conclusione che, giuridicamente, desta evidenti perplessità.