Affitto o comodato: dirimente la causa del contratto

Marco Strada DiMarco Strada
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Estratto e riassunto del commento alla sentenza n. 407 del 30 marzo 2018 del Tribunale di Udine, Sezione specializzata agraria, pubblicato sulla rivista Il Foro Friulano, 2019, 02, pagine 40 e seguenti.

La vicenda

Il rapporto nel tempo

Un Comune affittava a un imprenditore agricolo alcuni fondi.

Nel 2010, il Comune comunicava all’imprenditore la disdetta del rapporto di affitto. Ciononostante, l’imprenditore continuava a detenere i fondi.

L’accordo del 2012

Successivamente, nel 2012, le parti stipulavano una “convenzione” con la quale

  • dato atto
    • dell’esistenza dei precedenti contratti
    • e delle disdette inviate dall’ente proprietario dei terreni all’affittuario
  • pattuivano
    • che il rapporto di affitto doveva intendersi cessato fin dalla comunicazione della disdetta inviata nel 2010
    • e che da quel momento l’imprenditore aveva ricevuto solo “il provvisorio godimento dei detti fondi in comodato” “a mero titolo di cortesia e in precario ad nutum, e senza alcun effetto novativo del precedente rapporto agrario intercorso tra le parti
  • pattuivano inoltre
    • a fronte del provvisorio godimento dei fondi, il pagamento, a favore del Comune, di un importo
      • dichiaratamente pari a quello del canone di affitto precedentemente pagato, salvo l’aggiornamento in ragione del rilevamento Istat,
      • a titolo di indennizzo forfettario per il precario utilizzo e godiment o, a titolo di liberalità e cortesia, dei fondi”.
  • l’imprenditore si è impegnava a riconsegnare immediatamente i fondi “a seguito di mera richiesta verbale o scritta del concedente”.

La controversia

Nel 2016 il Comune chiedeva la restituzione dei fondi e l’imprenditore agricolo la rifiutava. Seguiva giudizio in cui

  • il Comune chiedeva la restituzione dei fondi
  • l’imprenditore chiedeva invece di accertare che l’accordo del 2012 aveva natura di affitto agrario, con durata di 15 anni e scadenza al 2027.

Comodato e gratuità

Il comodato, ai sensi dell’art. 1803, c.c., “è il contratto col quale una parte consegna all’altra una cosa mobile o immobile, affinché se ne serva per un tempo o per un uso determinato, con l’obbligo di restituire la stessa cosa ricevuta”, ed “è essenzialmente gratuito”.

Il concetto di gratuità non è incompatibile con qualsiasi tipo di corresponsione in denaro da parte del comodatario. Infatti, “Per costante giurisprudenza, il carattere di essenziale gratuita’ del comodato non viene meno se vi si inserisce un modus posto a carico del comodatario, di consistenza tale da non costituire corrispettivo del godimento della cosa (sent. n. 1843/76; n. 3834/80; n. 2151/84), come nel caso in cui, in relazione al godimento di un immobile, sia previsto il periodico versamento di una certa somma da parte del beneficiario a titolo di rimborso spese (sent. n. 2091/85)” (Cass. n. 4976/1997).

Comodato e affitto

Dove si trova, quindi, il criterio distintivo tra comodato e affitto di fondo rustico?

La questione risulta di evidente rilevanza:

  • la legge prevede per l’affitto di fondo rustico una disciplina
    • tendenzialmente inderogabile,
    • finalizzata alla protezione dell’affittuario quale parte debole del rapporto rispetto al proprietario del fondo.
  • se un rapporto ha natura di affitto di fondo rustico
    • si prescinde dal “nome” del contratto scelto dalle parti
    • eventuali clausole incompatibili con la disciplina inderogabile prevista per l’affitto (per esempio, la previsione di precarietà del rapporto), non sono sufficienti a qualificare il contratto come comodato
    • In caso di riqualificazione del rapporto, le clausole incompatibili con norme imperative
      • risulterebbero infatti nulle e sostituite di diritto dalla disciplina inderogabile,
      • senza determinare il venir meno del rapporto.

Il criterio distintivo

La distinzione va operata guardando alla causa del negozio giuridico posto in essere, “la funzione economico-sociale che il negozio obiettivamente persegue” (Cass n. 5324/2003, ex multis).

La causa tipica” del contratto di comodato è stata indicata dalla Corte di Cassazione (v. Cass n. 24866/2006)

  • in uno “scopo di liberalità limitato all’uso gratuito del bene
  • fermo restando la titolarità di ogni diritto reale in capo al proprietario”.

La causa dell’affitto di fondo rustico può invece essere individuata

  • in uno “scambio del godimento temporaneo di un bene contro un prezzo
  • integrato da “motivi, comuni e determinanti” costituiti dal “trasferimento (da parte del proprietario) e l’assunzione (da parte dell’affittuario) dell’esercizio del potere-dovere (verso la collettività) della gestione produttiva del bene” (A. Germanò, Manuale di Diritto Agrario, Torino, 2006, p. 219)

Nei casi dubbi, l’interprete deve valutare se le dazioni in denaro pattuite tra le parti

  • possano essere qualificate quale “moduscompatibile con un contratto di comodato
  • oppure costituiscano un vero e proprio corrispettivo, analisi per la quale risultava evidentemente irrilevante la terminologia utilizzata negli accordi.

La decisione del Tribunale di Udine

Il Tribunale ha ritenuto decisivo

  • che la somma pattuita per l’accordo denominato “comodato” fosse dichiaratamente pari a quella precedentemente corrisposta a titolo di affitto
  • difettando inoltre qualsiasi elemento concreto che permettesse di caratterizzare la somma come un’onere modale – rimborso spese.

Il Tribunale ha quindi ritenuto evidente che l’importo convenuto avesse natura di corrispettivo e che la c.d. “convenzione” del 2012 determinasse la mera prosecuzione del precedente rapporto di affitto agrario, al quale erano state apposte pattuizioni incompatibili con la disciplina inderogabile prevista per il tipo contrattuale (ad esempio in termini di durata) e in mancanza dell’assistenza delle organizzazioni di categoria, requisito richiesto per la validità di eventuali deroghe.

Da qui, la necessaria applicazione della disciplina obbligatoria per l’affitto di fondo rustico, con conseguente accertamento del diritto dell’imprenditore a mantenere la detenzione dei fondi per tutti i 15 anni di durata minima ai sensi dalla L. n. 203/1988, a far tempo dalla stipulazione della c.d. “convenzione” del 2012.

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