Covid-19: le riaperture dal 18 maggio

Marco Strada DiMarco Strada
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Con il DPCM 17/05/2020, applicato dal 18 maggio 2020, l’Italia è entrata pienamente nella “fase due” della gestione dell’epidemia, con necessità di contemperare

  • l’apertura generalizzata delle attività economiche
  • con regole e accortezze per impedire un nuovo picco di contagi

I giorni precedenti al 18 maggio hanno visto susseguirsi notizie contrastanti sulle nuove regole, con evidenti problemi di chiarezza per esercenti e cittadini. Diventa quindi necessario fare ordine tra le previsioni nazionali, regionali e i protocolli che circolano nella rete.

Regole Nazionali e Regionali

Sul governo della fase 2, la prima linea è stata affidata alle Regioni, che devono valutare:

  • le date di apertura, che devono essere compatibili con la situazione dell’epidemia e possono essere anticipate o posticipate rispetto a quelle nazionali
    • per esempio può essere anticipato
      • il termine del 25 maggio previsto per l’apertura di palestre, piscine, centri e circoli sportivi
      • il termine del 15 giugno previsto per l’accesso di bambini e ragazzi ad attività ludiche, ricreative ed educative
    • non può essere anticipato il termine del 15 giugno previsto per gli spettacoli in teatri, sale da concerto o cinema
  • le regole per l’apertura, adottate nel rispetto dei principi contenuti in protocolli e linee guida nazionali
    • il potere regionale è molto ampio, esteso ai principali settori rivolti al pubblico
      • ristorazione (compresi bar, pub, ristoranti, gelaterie, pasticcerie)
      • commercio al dettaglio
      • servizi alla persona (acconciatori, barbieri ed estetisti)
      • stabilimenti balneari
      • palestre e piscine
      • attività ludiche, ricreative ed educative per ragazzi

Rimane il potere delle Regioni, anche al di là dell’ultimo DPCM, nel prevedere regole più rigide di quelle statali quando giustificate da un particolare aggravamento del contagio nel propri territori.

Ogni operatore economico deve quindi verificare innanzitutto la propria normativa regionale e confrontarla con quella nazionale per capire le regole da rispettare.

Per evitare una situazione eccessivamente caotica, la Conferenza delle Regioni e delle Province Autonome ha elaborato linee guida comuni, allegate anche all’ultimo DPCM e a cui si è rifatta larga parte delle Regioni.

I principi delle linee guida

Le schede tecniche

Le linee guida elaborate dalla Conferenza delle Regioni e Province Autonome contengono 11 “Schede tecniche” che valgono come protocolli per i settori di:

  • RISTORAZIONE
  • ATTIVITÀ TURISTICHE (balneazione)
  • STRUTTURE RICETTIVE
  • SERVIZI ALLA PERSONA (parrucchieri ed estetisti)
  • COMMERCIO AL DETTAGLIO
  • COMMERCIO AL DETTAGLIO SU AREE PUBBLICHE (mercati, fiere e mercatini degli hobbisti)
  • UFFICI APERTI AL PUBBLICO
  • PISCINE
  • PALESTRE
  • MANUTENZIONE DEL VERDE
  • MUSEI, ARCHIVI E BIBLIOTECHE

Ovviamente, le regole previste cambiano da settore a settore e ogni operatore deve verificare la propria scheda. Esistono però alcuni principi, che possono essere considerati “di buon senso”, ripetuti trasversalmente e che possono essere tenuti presente come guida generale per le attività economiche e per la lettura dei protocolli.

Obbligo di informazione

Il gestore ha l’obbligo di informare chiaramente gli avventori sulle regole da rispettare all’interno dell’esercizio (locale / negozio / palestra / ecc.).

È opportuno apporre

  • all’entrata, o comunque in modo chiaramente visibile non appena entrati
  • un cartello con indicazione delle principali regole da rispettare per l’avventore
  • redatto in lingua italiana e inglese

Distanze

Le linee guida INAIL-ISS pubblicate prima del DPCM del 17 maggio avevano messo in allarme soprattutto il settore della ristorazione, considerata la previsione di uno spazio non inferiore a quattro metri quadrati per ciascun utente. Tuttavia, tali linee guida costituivano semplice suggerimento al legislatore e sono state disattese dal protocollo Regionale.

Le regioni hanno ribadito come regola principale la distanza interpersonale di un metro, ormai consolidata in generale dall’inizio del lockdown, anche per la ristorazione.

La presenza di barriere fisiche, per esempio in plexiglass, normalmente consente una distanza minore

Sono previsti ovviamente casi particolari: principalmente per

  • piscine: ogni utente in acqua o su calpestio deve avere a disposizione 7 metri quadrati
  • stabilimenti di balneazione: ogni ombrellone deve avere a disposizione 10 metri quadrati
  • attrezzature destinate a piscine / balneazioni (sdraio, lettini): è prevista una distanza di 1,5 metri
  • palestre: durante l’attività fisica va rispettata la distanza di due metri

Autoresponsabilità

Per i non conviventi / appartenenti allo stesso gruppo familiare non c’è obbligo di rispettare la distanza interpersonale ma questo avviene sotto l’autoresponsabilità di chi dichiara l’appartenenza allo stesso nucleo.

Per evitare che l’esercente sia ritenuto corresponsabile, e quindi limitare eventuali sanzioni agli avventori che dichiarino falsamente rapporti inesistenti:

  • non è previsto un espresso obbligo in capo all’esercente di ottenere una dichiarazione scritta
  • ma è opportuno che l’informazione sulla necessità di mantenersi a distanza, salvi i casi di eccezione, sia fornita in modo chiaro e incontestabile (per esempio, apponendo cartelli sia all’entrata che all’interno dell’esercizio)

Igiene delle mani

Anche in questo caso, si tratta di principio ormai consolidato: la frequente igiene delle mani è una delle misure principali per la protezione dal virus ed evitare la contaminazione degli ambienti

Dispenser

I dispenser di soluzioni igienizzanti vanno resi disponibili sia all’entrata che, normalmente, in più punti dell’esercizio, in modo tale da essere facilmente raggiungibili.

Vanno inoltre puliti regolarmente, anche più volte al giorno (per esempio nella ristorazione).

Guanti

I guanti non sono una necessità per i clienti (normalmente, nemmeno per gli esercenti e dipendenti), ritenendosi più efficace la frequente igienizzazione delle mani, soprattutto se sia possibile mantenere la distanza interpersonale.

E’ stato però previsto espressamente, per i negozi di abbigliamento, l’obbligo di rendere disponibili ai clienti guanti monouso per toccare la merce e sceglierla in autonomia.

Mascherine

Il DPCM 17/05/20 prevede in linea generale l’obbligo di utilizzare “protezioni alle vie respiratorie nei luoghi al chiuso accessibili al pubblico, inclusi i mezzi di trasporto e comunque in tutte le occasioni in cui non sia possibile garantire continuativamente il mantenimento della distanza di sicurezza“.

Sembra quindi che, nei luoghi chiusi accessibili al pubblico, l’obbligo di utilizzare le mascherine valga sempre e per tutti.

Tuttavia, le linee guida Regionali (allegate al DPCM)

  • prevedono espressamente l’uso della mascherina in alcuni casi
  • in altri, non le nominano.

Da un’interpretazione sistematica e secondo criteri di specialità, quando si applicano le linee guida della Conferenza Regioni l’uso della mascherina (e in generale di protezioni alle vie respiratorie) va ritenuto obbligatorio solo quando espressamente previsto.

In generale, e salve le particolarità di alcuni settori

  • per gli avventori la mascherina è normalmente obbligatoria
    • nella ristorazione, è prevista espressamente la possibilità di toglierla solo quando si è “seduti al tavolo” (ragionevolmente, deve essere ritenuto possibile toglierla anche in caso di consumazione senza seduta)
  • per esercenti e dipendenti la mascherina normalmente diventa obbligatoria
    • quando non è possibile rispettare la distanza interpersonale di un metro
    • o in presenza di clienti
      • per esempio, la protezione della cassa con barriere / schermi non rende necessaria la mascherina per l’addetto alla cassa

Adeguato ricambio dell’aria

La corretta ventilazione diventa fondamentale per eliminare i c.d. “droplets” che possono veicolare il contagio.

Per le attività che utilizzino impianti di condizionamento / ventilazione diventa fondamentale contattare l’addetto alla manutenzione e verificare

  • la necessità di adeguamenti
    • in particolare correlati all’esclusione/limitazione del ricircolo dell’aria (per evitare la possibilità che il virus si propaghi da una stanza a tutto lo spazio collegato dall’impianto)
  • e le modalità di corretta manutenzione
    • per le quali diventa necessaria maggiore frequenza

Prenotazione

È la modalità privilegiata dalle linee guida ma normalmente, non costituisce un obbligo (lo diventa per i servizi alla persona)

Gli elenchi delle prenotazioni vanno conservati per 14 giorni.

  • non viene però previsto un dettagliato obbligo di identificazione
    • deve essere ritenuto sufficiente mantenere l’elenco delle informazioni spontaneamente fornite dal cliente (es. nome, numero di telefono)
  • i dati del cliente costituiscono comunque dati personali da trattare correttamente ai sensi della normativa privacy

Attrezzature

È necessaria adeguata pulizia e disinfezione dopo ogni utilizzo / cambio di utente.

Si tratta di una regola applicabile in ogni settore, per esempio

  • tavolo e menu nella ristorazione
  • attrezzature ginniche
  • attrezzature da balneazione

La responsabilità del datore di lavoro per il contagio Covid-19 come infortunio sul lavoro

Anche su questo argomento argomento si percepisce spesso la paura degli esercenti: se un lavoratore si dovesse ammalare (ed eventualmente dovesse addirittura perdere la vita), il datore sarebbe esposto al rischio di risarcimenti e procedimenti penali?

Il dubbio è sorto perché lo stato di malattia da Covid-19 viene trattato dall’INAIL come infortunio sul lavoro.

Tuttavia, l’Inail stesso ha cercato di gettare acqua sul fuoco, anche attraverso un comunicato ufficiale del 15 maggio.

In realtà

  • la classificazione di un intervento come “infortunio professionale”, con quanto ne consegue ai fini della gestione da parte dell’INAIL e della relativa indennità
  • si pone su piani e presupposti del tutto distinti rispetto alla responsabilità del datore di lavoro, civile e penale, per un infortunio subito dal proprio dipendente.

La responsabilità del datore

  • non può essere esclusa a priori
    • si pensi per esempio in casi dove il datore non desse corso ad alcuna misura di contenimento e un focolaio si dovesse allargare all’intero personale
  • ma non può nemmeno essere affermata automaticamente per il semplice contagio di uno o più dipendentoi. Diventa necessario
    • provare l’esistenza di un nesso causale (il lavoratore può essersi ammalato anche al di fuori dell’azienda)
    • provare la responsabilità del datore.

Secondo quanto esposto dall’INAIL ” si deve ritenere che la molteplicità delle modalità del contagio e la mutevolezza delle prescrizioni da adottare sui luoghi di lavoro, oggetto di continuo aggiornamento da parte delle autorità in relazione all’andamento epidemiologico, rendano peraltro estremamente difficile la configurabilità della responsabilità civile e penale dei datori di lavoro.

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