Intermediazione finanziaria: la nullità selettiva tra diritti e buona fede del cliente

Marco Strada DiMarco Strada
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Negli ultimi anni, i rapporti d’intermediazione finanziaria hanno ricevuto spesso l’attenzione della Corte di Cassazione, da ultimo con la recente sentenza a Sezioni Unite n. 28314/2019.

Il mercato degli strumenti finanziari è stato colpito da diversi, notori momenti di crisi. Questi, a loro volta, hanno generato contenzioso tra gli intermediari e gli investitori che avevano subito delle perdite.

Uno dei terreni di scontro più acceso è stato quello sulla validità del rapporto. La nullità del contratto d’intermediazione, infatti, travolgerebbe le operazioni poste in essere dall’intermediario anche senza dover riconoscere una sua responsabilità:

  • invalidando tutti trasferimenti tra investitore e intermediario, che
    • risulterebbe quindi il proprietario di tutti gli strumenti acquisiti per conto del cliente
    • e dovrebbe restituirgliene il prezzo
  • e proteggendo quindi l’investitore dai danni verificatisi.

Il contratto d’intermediazione finanziaria

Il testo unico delle disposizioni in materia di intermediazione finanziaria, d. lgs. n. 58/1998, art 23, prevede che i singoli servizi d’investimento debbano essere preceduti da un contratto.

Tra l’altro, l’art. 23 prevede che

  • il contratto relativo alla prestazione dei servizi d’investimento o dei servizi accessori debba essere redatto per iscritto;
  • una copia debba essere consegnata al cliente;
  • per determinare il corrispettivo dovuto dal cliente non possa farsi rinvio agli usi (in questo caso nulla sarebbe dovuto).

La legge prevede quindi che

  • vengano innanzitutto date al cliente tutte le informazioni sul rapporto, attraverso la stipula scritta di un contratto quadro che sorreggerà tutte le successive operazioni d’investimento
  • solo una volta stipulato il contratto quadro, le specifiche operazioni di investimento possano essere validamente eseguite.

Il mancato rispetto delle prescrizioni dell’art. 23 comporta la nullità del contratto. Lo stesso articolo prevede che in tal caso “la nullità può essere fatta valere solo dal cliente“.

Lo squilibrio tra le parti e la nullità di protezione

Gli schemi civilistici

Nel nostro ordinamento, esistono diverse conseguenze per l’invalidità di un contratto, a seconda della sua causa. In via generale e in estrema sintesi:

  • le cause di annullabilità di un contratto
    • sono stabilite a favore di una parte, per esempio caduta in errore o il cui consenso è stato estorto con dolo o violenza
    • possono essere fatte valere solo da colui nel cui interesse sono previste
    • devono essere fatte valere entro rigidi termini processuali e prescrizionali
    • permettono la convalida del contratto
  • le cause di nullità di un contratto
    • colpiscono il rapporto in sé stesso, per esempio per mancanza di forma o contrarietà a norme imperative
    • possono essere fatte valere da ogni interessato ed essere rilevate d’ufficio dal giudice
    • la relativa azione è imprescrittibile
    • non permettono la convalida del contratto

L’evoluzione giuridica, soprattutto nei rapporti con i consumatori, ha creato un tipo di nullità che sfugge a questa ripartizione.

Le nullità di protezione

Sia il legislatore Nazionale che quello Europeo hanno considerato che, spesso, esiste un’evidente disparità di conoscenza e preparazione tra

  • il professionista / imprenditore che offre un servizio
  • il cliente che, non essendo esperto di uno specifico settore
    • spesso si affida al suo interlocutore
    • e non può comprendere fino a che punto le spiegazioni fornite da quest’ultimo siano accurate

Per limitare le conseguenze di tale distanza, il mezzo scelto è quello di imporre la forma scritta a pena di nullità, consentendo

  • alla parte debole di esaminare con chiarezza e certezza le condizioni contrattuali
  • al giudice, in caso di controversia, di verificare il testo cristallizzato e l’eventuale esistenza di pratiche scorrette

Tuttavia, come sopra ricordato, le cause di nullità travolgono in rapporto in sé stesso, a prescindere dalla volontà e posizione delle parti. A nulla sarebbe rilevato che il venir meno del contratto nullo potesse favorire la parte “forte” e rimuovere i vantaggi acquisiti da quella “debole”.

È stata quindi disegnata una particolare categoria di nullità, di protezione della parte debole. Tale nullità potrà essere fatta valere solo dal soggetto tutelato, a proprio esclusivo vantaggio, e non dalla controparte “forte” che avrebbe dovuto evitarla.

La nullità selettiva

Il problema e le tesi

Il regime sopra descritto appare chiaro pensando a una specifica operazione economica o singole clausole vessatorie. Tuttavia, come spesso accade nel diritto, la prassi conduce a zone grigie difficili da regolare in base alla lettera della legge.

Come accennato

  • il rapporto d’intermediazione finanziaria è sorretto da un unico contratto scritto, dal quale dipende la validità di tutte le operazioni effettuate nel tempo
  • la nullità del contratto d’intermediazione finanziaria per difetto della forma prescritta dalla legge può operare solo a favore del cliente

Ma il cliente può utilizzare tale regime di favore per

  • invocare la nullità solo di alcune operazioni svolte nel tempo, dall’esito negativo,
  • mantenendo tutti i vantaggi derivanti dalle operazioni favorevoli sorrette, allo stesso modo, dal contratto nullo?

Nel tempo, sul punto si erano formati alcuni orientamenti contrastanti.

  • Per alcuni, sulla base dei generali principi giuridici, la nullità del contratto-quadro che reggeva il rapporto d’intermediazione
    • poteva essere invocata solo dal cliente
    • ma, una volta invocata, travolgeva tutte le operazioni rette dal contratto d’intermediazione, favorevoli o sfavorevoli al cliente, fino al punto di esporre quest’ultimo a obblighi restitutori verso l’intermediario
  • Per altri, invece, andava valorizzata la libertà di scelta attribuita dalla legge alla parte debole, che
    • avrebbe potuto scegliere liberamente per quali operazioni invocare la nullità,
    • senza essere esposto al rischio di un crollo dell’intero rapporto.

Un punto di equilibrio secondo buona fede

Il contrasto ha reso necessario l’intervento delle Sezioni Unite della Corte di Cassazione, pronunciatesi recentemente con la Sentenza n. 28314 del 2019.

La Corte ha innanzitutto preso atto che, sulla base della normativa, era effettivamente impossibile dare una risposta “assoluta” sulla possibilità o impossibilità di utilizzare la nullità selettiva.

La risposta andava trovata utilizzando criteri di buona fede nei rapporti tra le parti.

Tuttavia, limitarsi alla buona fede in senso soggettivo, valutando caso per caso se il comportamento del cliente fosse “corretto” o potesse risultare “abusivo” dei propri diritti, avrebbe evidentemente determinato incertezze ed esiti imprevedibili per i giudizi in materia.

Le Sezioni Unite hanno quindi trovato un’ancora oggettiva, nei complessivi vantaggi derivati al cliente dal rapporto. In particolare:

  • il cliente può agire per la nullità selettiva di uno o più ordini dall’esito sfavorevole
  • se però altri ordini abbiano determinato vantaggi per il cliente, l’intermediario può opporre eccezione di buona fede.

L’eccezione di buona fede renderà necessario ricostruire l’intero rapporto per comprendere se, effettivamente, vi siano stati dei vantaggi per il cliente.

  • Gli eventuali vantaggi accertati potranno essere opposti al cliente in diminuzione della sua domanda, fino ad azzerare del tutto i suoi diritti verso l’intermediario
  • Qualora i vantaggi risultassero superiori alla domanda azionata dal cliente, risulterà comunque escluso qualsiasi obbligo restitutorio verso l’intermediario. Rimane infatti fermo che la nullità di protezione
    • possa operare solo se ne derivi un vantaggio per il soggetto protetto, nei limiti della buona fede
    • non potendo mai produrre, all’opposto, effetti di vantaggio per la controparte “forte” che avrebbe dovuto impedirla.
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