Crisi d’impresa – aumentate le soglie per la nomina dell’organo di controllo o del revisore

Marco Strada DiMarco Strada
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Il decreto legislativo 14/2019, “Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza”, ha inciso profondamente sulle regole per la vita dell’impresa.

Su queste pagine sono già stati pubblicati un articolo introduttivo sulla riforma e una panoramica sulle tappe dell’entrata in vigore, ai quali si rimanda.

Con la recente Legge n. 55 del 14/06/2019, a soli pochi mesi di distanza, il Legislatore è tornato sull’argomento con un importante passo indietro, modificando la disposizione sulle soglie per la nomina obbligatoria dell’organo di controllo o del revisore.

La riforma della crisi d’impresa: portata innovativa

Si è discusso e scritto molto, in questi mesi, sull’intervento del decreto legislativo n. 14/19.

Le sue innovazioni più importanti, nonostante il titolo, non riguardano la crisi intesa come “conclusione” del percorso aziendale ma le regole per prevenirla, a tutela dei creditori, lavoratori e dell’economia Nazionale ma anche, a ben vedere, degli stessi imprenditori.

L‘obiettivo principale della riforma è stato quello di spingere-costringere l’imprenditore a costruire una struttura solida, capace di anticipare i segni della crisi e curarne le cause prima che il percorso diventi irreversibile.

Allo stesso fine, veniva prevista una più chiara responsabilità per gli amministratori di società a responsabilità limitata, nel caso di mancato rispetto delle nuove regole.

Se da un lato l’imprenditore può percepire la riforma come l’ennesimo aggravio pubblico a suo danno, le nuove regole dovrebbero ridurre, nel tempo, le percentuali -spesso a loro volta causa di crisi- di insoluti irrecuperabili per dissesto aziendale del debitore e impossibilità di rivolgersi ad altri soggetti responsabili.

La riduzione delle soglie per la nomina dell’organo di controllo o del revisore

Come in altre grandi riforme che -accanto alle sanzioni- avrebbero l’obiettivo di migliorare l’efficienza dell’imprenditoria, le potenzialità della riforma incontrano un problema fondamentale: l’applicazione indiscriminata a una realtà imprenditoriale Italiana non in grado di sostenerle.

Risalta, sotto questo profilo, la riscrittura dell’art. 2477 del Codice Civile.

L’articolo prevede, tra l’altro, i casi in cui una società ha l’obbligo di nominare un organo di controllo (salvo diversa indicazione dello statuto, costituito da un unico membro) o un revisore.

Prima del D.Lgs. 14/2019, la nomina era obbligatoria se la società:

  • a) era tenuta alla redazione del bilancio consolidato
  • b) controllava una società obbligata alla revisione legale dei conti
  • c) per due esercizi consecutivi aveva superato due dei limiti indicati dal primo comma dell’articolo 2435 bis (relativo al bilancio in forma abbreviata), ovverosia
    • totale dell’attivo dello stato patrimoniale: 4.400.000 euro
    • ricavi delle vendite e delle prestazioni: 8.800.000 euro
    • dipendenti occupati in media durante l’esercizio: 50 unità

Il D.Lgs. 14/2019: applicazione e problemi.

Il D.Lgs 14/2019 aveva -tra l’altro- inciso sulla lettera c)

  • da un lato prevedendo l’obbligatorietà della nomina per il superamento, per due esercizi consecutivi, anche di uno solo dei limiti;
  • dall’altro prevedendo limiti molto più rigidi rispetto a quelli dell’art. 2435 bis, ridotti a
    • totale dell’attivo dello stato patrimoniale: € 2.000.000,00;
    • ricavi delle vendite e delle prestazioni: € 2.000.000,00;
    • dipendenti occupati in media durante l’esercizio: 10 unità.

L’obbligo sarebbe venuto meno solo in caso di mancato superamento degli indici per tre esercizi consecutivi.

Tuttavia, la nomina di un organismo di controllo o di un revisore implica l’attività di un professionista che dev’essere in grado di compierla in modo serio, dedicandovi l’attenzione e il tempo necessario e assumendosene la responsabilità. Si tratta, ovviamente, di attività onerosa per l’impresa, con sensibile aumento dei costi di gestione in relazione ai compensi da versare periodicamente al professionista nominato.

L’estensione di quest’obbligo fino ai limiti previsti dal D.Lgs 14/2019, teoricamente, avrebbe dovuto portare a una piccola imprenditoria responsabilizzata e affidabile. È però apparso chiaro da subito che l’ideale del legislatore era utopistico: le piccole o addirittura “micro” imprese che sarebbero state costrette ad affrontare i nuovi oneri avrebbero incontrato difficoltà estreme nel farvi fronte.

Il rischio era quindi di mettere fuori mercato masse di imprenditori dalle dimensioni ridotte ma allo stesso tempo protagonisti “sani” dell’economia Italiana, soprattutto provinciale, con ricadute traumatiche anche sui posti di lavoro che ne sarebbero stati compromessi.

La ricerca di un equilibrio: la Legge n. 55/2019

Il dibattito, le proteste e le riflessioni successive all’emanazione del D.Lgs. n. 14/2019 hanno presto condotto il legislatore a valutare un ripensamento.

Si è quindi cercata una soluzione di compromesso, che, pur non arrestando il percorso generale della riforma, evitasse di “mettere in crisi” la massa dei piccoli imprenditori.

La scelta è stata quella di un parziale arretramento rispetto alla portata del D.Lgs. n. 14/2019: mantenere la riscrittura dell’art. 2477 raddoppiando le soglie previste dal Codice della Crisi d’Impresa.

Può destare perplessità il “mezzo” utilizzato per formalizzare tale scelta: non un apposito provvedimento correttivo per il Codice della Crisi d’Impresa ma un emendamento alla Legge (n. 55/2019) di conversione del Decreto Legge n. 32/2019 c.d. “sblocca cantieri“, che riguardava tutt’altra materia e problematiche. A maggior ragione se, come sembra, inizialmente avrebbe dovuto trattarsi di emendamento alla legge di conversione di altro Decreto Legge, n. 34/2019 c.d. “decreto crescita”, al quale la modifica dell’art. 2477 c.c. era ugualmente estranea.

Tralasciando i dubbi di forma, in ogni caso, la modifica è stata accolta dal pubblico con generale favore.

Il nuovo testo dell’art. 2477 c.c. “Sindaco e revisione legale dei conti

1. L’atto costitutivo può prevedere, determinandone le competenze e poteri, ivi compresa la revisione legale dei conti, la nomina di un organo di controllo o di un revisore. Se lo statuto non dispone diversamente, l’organo di controllo è costituito da un solo membro effettivo.

2. La nomina dell’organo di controllo o del revisore è obbligatoria se la società:
a) è tenuta alla redazione del bilancio consolidato;
b) controlla una società obbligata alla revisione legale dei conti;
c) ha superato per due esercizi consecutivi almeno uno dei seguenti limiti:
1) totale dell’attivo dello stato patrimoniale: 4 milioni di euro;
2) ricavi delle vendite e delle prestazioni: 4 milioni di euro;
3) dipendenti occupati in media durante l’esercizio: 20 unità.

3. L’obbligo di nomina dell’organo di controllo o del revisore di cui alla lettera c) del secondo comma cessa quando, per tre esercizi consecutivi, non è superato alcuno dei predetti limiti.

4. Nel caso di nomina di un organo di controllo, anche monocratico, si applicano le disposizioni sul collegio sindacale previste per le società per azioni.

5. L’assemblea che approva il bilancio in cui vengono superati i limiti indicati al secondo comma deve provvedere, entro trenta giorni, alla nomina dell’organo di controllo o del revisore. Se l’assemblea non provvede, alla nomina provvede il tribunale su richiesta di qualsiasi soggetto interessato o su segnalazione del conservatore del registro delle imprese.

6. Si applicano le disposizioni dell’articolo 2409 anche se la società è priva di organo di controllo. 

Gli obblighi sotto la soglia di applicazione dell’art. 2477

Va chiarito, per evitare equivoci, che la modifica dell’art. 2477 non fa venire meno la restante portata della riforma per gli imprenditori anche di piccole dimensioni.

Si ricordano in particolare:

  • la responsabilità risarcitoria per gli amministratori di S.R.L. che non abbiano dato corso agli adempimenti obbligatori al verificarsi di una causa di scioglimento della società, con danno presunto
    • pari alla differenza tra il patrimonio netto alla cessazione dalla carica e quello in cui la causa si era verificata
    • nel caso di scritture contabili mancanti o inattendibili, pari alla differenza tra attivo e passivo accertati.
  • l’obbligo per ogni imprenditore che eserciti in forma societaria o collettiva di “istituire un assetto organizzativo, amministrativo e contabile adeguato alla natura e alle dimensioni dell’impresa, anche in funzione della rilevazione tempestiva della crisi dell’impresa e della perdita della continuità aziendale, nonché di attivarsi senza indugio per l’adozione e l’attuazione di uno degli strumenti previsti dall’ordinamento per il superamento della crisi e il recupero della continuità aziendale” (2086 co. 2).

Quest’ultimo obbligo impone, di fatto, l’attivazione di un controllo di gestione dell’impresa. Le modalità con cui verrà svolto andranno calibrate su misura per ogni impresa ma dovranno essere “adeguate“. Va ricordato che, secondo l’art. 2380 bis, “La gestione dell’impresa si svolge nel rispetto della disposizione di cui all’articolo 2086, secondo comma, e spetta esclusivamente agli amministratori“.

Pertanto, è facile immaginare che l’assenza o inadeguatezza dell’assetto richiesto dal nuovo art. 2086 verrà fatta valere contro gli amministratori qualora l’imprenditore in forma collettiva non sia in grado di far fronte ai propri debiti.

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