Il Codice dei contratti pubblici, emanato nel 2016 (D.Lgs. n. 50) e aggiornato nel 2017, ha innovato profondamente i criteri da seguire nella scelta dell’impresa aggiudicatrice di un appalto.
Rispetto alla precedente disciplina, è infatti aumentato il peso della “qualità” rispetto a quello del prezzo, con l’obiettivo di evitare una concorrenza al ribasso a discapito sia dei cittadini che dei lavoratori.
Alcuni passaggi della riforma, tuttavia, hanno lasciato spazio a dubbi interpretativi e generato orientamenti contrastanti in giurisprudenza, con evidente incertezza per gli operatori del settore.
L’adunanza plenaria del Consiglio di Stato, con la recente sentenza n. 8/2019, ha fatto chiarezza stabilendo i criteri da seguire per aggiudicare contratti aventi ad oggetto “servizi ad alta intensità di manodopera” quando questi presentino “caratteristiche standardizzate”.
L’art. 95 del Codice definisce i criteri per scegliere l’aggiudicatario nei settori ordinari.
Il criterio principale prescritto dal legislatore è quello dell’offerta economicamente più vantaggiosa. Il “maggiore vantaggio” dell’offerta non può limitarsi alla selezione del prezzo più basso ma deve considerare un rapporto di “qualità/prezzo“, concepito in senso lato.
L’art. 95 prevede un elenco esemplificativo di criteri che possono essere considerati per fondare questo rapporto, tra cui:
Sempre con l’obiettivo di tutelare il “maggiore vantaggio”, è anche previsto che l’elemento economico non possa pesare, nella scelta, per oltre il 30%.
L’articolo 95, co. 4, prevede ancora un margine di applicazione per il criterio del minor prezzo, limitato all’aggiudicazione di servizi o forniture con caratteristiche standardizzate o le cui condizioni sono definite dal mercato.
Si noti che il riferimento al minor prezzo è qui una possibilità, e non un obbligo: la stazione appaltante deve motivare adeguatamente la scelta di quest’ultimo al posto del rapporto qualità/prezzo.
La stessa regola si applicava anche agli appalti di
Con l’intervento del c.d. “decreto sblocca cantieri” (D.L. 39/2019), nella versione originale attualmente in corso di conversione (e che potrebbe essere quindi soggetta a modifiche), i criteri cambiano completamente. Per tutti gli appalti sotto soglia comunitaria, si applicherà infatti il criterio del minor prezzo e sarà l’applicazione del rapporto qualità prezzo dovrà essere motivata.
L’articolo 95, co. 3, obbliga all’aggiudicazione sulla base del rapporto qualità/prezzo per i contratti relativi a
Si tratta di settori dove non è possibile accettare il rischio di una corsa al ribasso sul prezzo a discapito della qualità, a prescindere dalle motivazioni adottate dalla stazione appaltante. Il legislatore ritiene qui necessario prescrivere una competizione qualitativa, a favore degli utenti e della collettività.
La spiegazione è parzialmente diversa per i servizi ad alta intensità di manodopera, ovverosia i servizi “nei quali il costo della manodopera è pari almeno al 50 per cento dell’importo totale del contratto” (art. 50 del Codice).
Il Codice dei Contratti Pubblici non permette, in questi, casi, l’applicazione del prezzo più basso, per tutelare i diritti dei lavoratori impiegati nell’appalto. L’obiettivo è quello di evitare il rischio di una politica dei prezzi “spregiudicata” da parte del concorrente, tale da comprimere le garanzie previste per i dipendenti, soprattutto in materia di sicurezza.
Come anticipato, i criteri descritti hanno generato zone di dubbio.
I servizi ad alta intensità di manodopera, per esempio, devono essere obbligatoriamente aggiudicati secondo il criterio del miglior rapporto qualità/prezzo, previsto dal comma 3 dell’art. 95.
Il comma successivo prevede che possano essere aggiudicati secondo il criterio del minor prezzo, tra gli altri, i servizi che presentino caratteristiche standardizzate.
Spesso, però, il servizio può presentare entrambe le caratteristiche: servizi di pulizie, di vigilanza antincendio e una moltitudine di altre attività comunemente necessarie per le stazioni appaltanti sono gestite con prevalente peso del personale dipendente e in modo normalmente standardizzato.
In questo caso (o in altri dove sia configurabile l’applicazione contemporanea dei commi 3 e 4) esiste (almeno in apparenza) un conflitto tra possibilità e divieto di applicazione del criterio del minor prezzo. Un bando che applichi quest’ultimo, motivando adeguatamente il suo utilizzo, sarà quindi legittimo o presterà il fianco a impugnazioni?
Il dubbio è sorto sia nelle sentenze dei vari Tribunali Amministrativi Regionali che all’interno dello stesso Consiglio di Stato.
Si sono così formati due orientamenti contrastanti, rispettivamente:
La conseguente incertezza risultava evidentemente lesiva sia dei diritti dei potenziali aggiudicatari che del buon andamento dell’attività delle stazioni appaltante.
La composizione del conflitto è quindi stata affidata all’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato che si è espressa con sentenza n. 8/2019.
Nel caso trattato dall’Adunanza, l’aggiudicazione di un appalto sulla base del criterio del minor prezzo era stata impugnata e il TAR aveva dato ragione al ricorrente, riconoscendo l’illegittimità dell’utilizzo del criterio. L’originario aggiudicatario aveva appellato la sentenza di fronte al Consiglio di Stato.
L’Adunanza ha confermato la sentenza appellata, chiarendo che nei casi previsti dall’art. 95 co. 3, tra cui i servizi ad alta intensità di manodopera, è sempre obbligatorio procedere all’aggiudicazione sulla base del rapporto qualità/prezzo, anche quando i relativi appalti abbiano caratteristiche standardizzate.
Nella ricostruzione operata dal Consiglio di Stato, infatti:
Tale ricostruzione è anche conforme ai criteri previsti nella legge-delega su cui si fonda il Codice dei Contratti pubblici, che prevedeva l’obbligo di aggiudicazione secondo il rapporto qualità prezzo per i servizi ad alta intensità di manodopera, escludendo “in ogni caso” la concorrenza al minor prezzo. La soluzione contraria li violerebbe, con profili di possibile incostituzionalità che, nel dubbio, andrebbero comunque evitati attraverso un’interpretazione costituzionalmente contraria.