Il risarcimento nell’infortunio su lavoro: legge di bilancio 2019

Marco Strada DiMarco Strada
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Alla pagina precedente abbiamo accennato ai fondamenti dell’obbligo assicurativo per gli infortuni su lavoro ed alla possibilità che il datore di lavoro subisca azione di regresso da parte dell’INAIL per quanto anticipato al dipendente e azione di risarcimento dallo stesso lavoratore per il danno differenziale rispetto a quanto già ricevuto dall’ente.

Per definire le regole di convivenza tra questi strumenti, è necessario chiarire un principio fondamentale: il datore non può essere costretto a risarcire due volte lo stesso danno. Il regime previsto per regresso e danno differenziale nel caso di illeciti penali non è una sanzione aggiuntiva per il datore ma un caso di mancata copertura assicurativa: si ritorna quindi alla sua naturale piena responsabilità per i danni causati dall’infortunio.

Quello che viene fatto valere dal lavoratore (in via diretta) e dall’INAIL (in via mediata) è sempre il danno causato al dipendente: le due azioni possono essere affiancate solo quando riguardino componenti diverse del danno oppure quando il lavoratore richieda una somma maggiore di quella già ricevuta.

Le componenti del danno e il problema dell’utilizzo indistinto.

Una scarna disciplina (integrata dal progressivo consolidamento giurisprudenziale) dell’indennizzo INAIL, regresso e danno differenziale si trova nel Decreto del Presidente della Repubblica n. 1124/1965.

Il testo storico del DPR prevede, all’art. 10, che nel caso di illecito penale il datore può rispondere verso il lavoratore per il danno differenziale ma che il risarcimento non avviene quando risulterebbe inferiore all’indennità anticipata dall’INAIL secondo le regole del decreto e, in ogni caso, può avvenire solo per la parte che la eccede.

L’indennizzo corrisposto dall’INAIL si differenzia dal risarcimento perché è calcolato secondo criteri predeterminati, non copre tutte le possibili voci di danno riconosciute dall’ordinamento (ad esempio danno morale) e segue regole diverse per indennizzare il danno “patrimoniale”, essenzialmente quello correlato alla riduzione della capacità al lavoro, e quello non patrimoniale. Il risarcimento è invece “totalizzante”: va provato in modo più rigoroso ma non presenta limiti o franchigie, potendo risultare molto più alto dell’indennizzo INAIL.

A volte, però, questa differenza riguarda solo alcune componenti del danno. Per esempio, un lavoratore infortunato potrebbe aver subito un danno morale non indennizzato, un danno non patrimoniale all’integrità fisica indennizzato in modo minore rispetto a un ipotetico risarcimento e un danno patrimoniale indennizzato più rispetto a quanto gli verrebbe riconosciuto in un giudizio contro il datore. L’eventuale maggiore indennizzo rispetto al danno patrimoniale provato potrebbe inoltre fondare contestazioni da parte del datore di lavoro nel giudizio contro l’ente e il mancato recupero dell’importo superiore al danno effettivo.

In una prima fase, per garantire i diritti dell’ente ad essere pienamente rimborsato, era stato riconosciuto il diritto dell’INAIL ad agire in regresso verso il datore di lavoro servendosi indistintamente di tutte le possibili componenti di danno spettanti al lavoratore, a prescindere dal fatto che tali componenti fossero state concretamente indennizzate dall’INAIL e in quale misura. L’effetto, negativo per il lavoratore, era che l’azione dell’INAIL “consumava” quella parte “residuale” del danno che il dipendente avrebbe potuto richiedere direttamente al datore.

Diritto alla salute e problemi di costituzionalità.

La giurisprudenza ha però da tempo protetto anche la salute della persona come valore fondamentale a sé stante, al di fuori del danno economico, sia nella componente fisica (inizialmente non riconosciuta dall’INAIL, successivamente prevista a partire dal 2000) che morale.

Di conseguenza, a tutela del lavoratore, già negli anni ’90 è stata dichiarata l‘incostituzionalità della normativa INAIL nella parte in cui consentiva all’ente di surrogarsi in modo indistinto nei diritti del lavoratore al momento del regresso.

Sia l’azione dell’INAIL che quella del lavoratore devono essere suddivise “per poste” di danno. L’INAIL (salvi alcuni correttivi) dovrà richiedere il rimborso per ogni singola componente di danno indennizzata al lavoratore, nei limiti dell’indennizzo corrisposto e del danno che il lavoratore avrebbe potuto richiedere al datore: se per una componente il rimborso risulterà minore dell’indennizzo, l’INAIL non potrà effettuare compensazioni con altre voci. Il lavoratore, a sua volta, agendo contro il datore dividerà la sua pretesa secondo le componenti di danno, confrontandole con gli indennizzi ricevuti e potendo pretendere il risarcimento di quelle non indennizzate dall’INAIL o di quelle eccedenti la specifica voce di indennizzo: se per una voce di danno (ad esempio da compromissione della capacità lavorativa) ha ricevuto un indennizzo più alto del danno teoricamente risarcibile, l’eccesso non ridurrà quanto dovutogli per le altre componenti.

La legge di bilancio: ritorno alla commistione.

La L. 145/2018, tra l’altro, ha modificato il D.P.R. 1124/1965 per chiarire a più riprese che, in contrasto con il sistema progressivamente consolidato e sopra descritto, nell’azione di regresso e in quella per il danno differenziale l’indennizzo dell’INAIL e il risarcimento del danno vanno considerati in modo onnicomprensivo, valorizzando solo la complessiva quantificazione.

Si ritorna quindi al sistema, già dichiarato incostituzionale, in cui viene privilegiata la posizione dell’INAIL rispetto a quella del dipendente e del datore, che non potrebbero più agire e resistere valorizzando separatamente ogni componente del danno.

L’intervento, pur non determinando una lesione di quanto normalmente spettante al lavoratore (che avrà diritto, nel complesso, alla stessa somma che gli sarebbe spettata in applicazione dei criteri civilistici di risarcimento del danno), appare quindi in aperta violazione di principi costituzionali consolidati a tutela del diritto alla salute fisica e alla sfera morale.

L’intervento, che molti autori hanno criticato apertamente, appare evidentemente finalizzato alla riduzione delle uscite INAIL non rimborsate, in ottica di “bilancio”, ma appare a forte rischio di incostituzionalità, con ulteriore danno per l’ente e per lo stato qualora la Corte Costituzionale ne riconosca l’illegittimità.

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